lunedì 26 settembre 2011

OLTRE LA MATERIALITA'


In questa settimana ho partecipato a tre eventi culturali che sono stati  un’ulteriore dimostrazione di come l’arricchimento culturale a volte sia un’attività terapeutica,  un alimento per l’anima capace di riassestare equilibri saltati e momenti di particolare fragilità emotiva. 
Mi succede che proprio nei  momenti i cui mi sento in dissonanza con il mio interiore, convulsa nei pensieri e nelle azioni, instabilmente presente, scatta in me il meccanismo di difesa che nel mio caso è estraniarmi dalla realtà per entrare in un mondo dove con l’immaginazione, la partecipazione, il volo,   riesco a prendere coscienza della mia dimensione umana per andare al di là del contingente,  della realtà, a volte così lontana dai miei desideri.
 La partecipazione a queste tre manifestazioni culturali, diverse e affini per l’universalità del messaggio trasmesso hanno riempito occhi e cuore anche per la bellezza dei luoghi i cui si sono svolte, ambienti ricchi di storia e di passato che hanno fatto da splendida cornice. 

Sabato 6 novembre
Abbazia di Rosazzo
OLTREMARE, I COLORI DELLA VITA
  MOSTRA DI PITTURA D’ARTE CONTEMPORANEA





Gli artisti (Italia, Austria, Slovenia, Croazia) hanno realizzato sul tema proposto opere che hanno dato corpo all’idea di “Oltremare”, termine particolarmente affascinante ed evocativo che sta ad indicare il superamento di ogni tipo di barriera sia fisica che mentale attraverso il potere della creatività e dell’immaginazione.
Le opere scelte, alcune molto significative, hanno rappresentato la profonda solitudine delle anime contemporanee, lo sgretolamento delle certezze, la consapevolezza della fugacità della vita  lasciando però intravedere in fondo un messaggio di speranza e di solidarietà.

Olio di Simona Fedele




acrilico di Giorgio Celiberti


Domenica 7 novembre
Villa Manin di Passariano







MUNCH E LO SPIRITO DEL NORD - Scandinavia nel secondo ottocento
La prima parte della mostra  è stato un percorso attraverso la pittura in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia particolarmente  dedicata al paesaggio, ma rivolta anche  al tema della figura, dove  la schiettezza, la verità dei gesti nei ritratti si sono coniugati perfettamente con  la luminosità, il silenzio e il frastuono del paesaggio nordico che colpisce per la luminosità delle sue estati, la profondità delle sue notti invernali e dove il colore smagliante dell’erba e dei fiori bianchi sotto la luna hanno una forza evocativa enorme.
La parte dedicata a Munch  parte dai suoi esordi nel 1881 fino al primo decennio del '900 e non è difficile orientarsi nel suo mondo fatto di luci ed ombre, così unico, inimitabile. Le radici della sua arte affondano più che nelle arti figurative,  in quelle letterarie. Kirkegaard, Strindberg, Ibsen influenzarono  molto la sua arte e la morte della mamma e la sorella ebbero un ruolo fondamentale nell’acuire in lui la visione di una realtà senza speranza permeata dal senso incombente e angoscioso della morte.
Tra i vari quadri esposti sono rimasta particolarmente colpita da
“Sera nel corso Karl Johann” 


dove un tranquillo passeggio serale,  con gli occhi di Munch diventa un orrida sfilata di spettri dagli occhi sbarrati che non hanno nulla di umano tranne i simboli esteriori: i  cappelli a cilindro degli uomini e gli sfiziosi cappellini delle signore, a significare, nel suo feroce attacco verso la borghesia, il rituale vuoto degli schemi obbligati, in cui è coinvolto anche il parlamento con le sue finestre innaturalmente gialle che danno l’idea di manipolazione delle coscienze. Unica voce fuori dal coro, l’artista, che non vuole partecipare a quell’omologazione e che probabilmente è l’unico ad avere, pur girato di spalle, il volto umano.

giovedì 11 novembre
Caffè Caucigh -Udine –

 PRESENTAZIONE DEL LIBRO
“CHE FORTUNA ESSERE ORFANO”
Traduzione e cura di Ettore Bianciardi






E’ stata una piacevolissima sorpresa venire a conoscenza di questo libro, scritto in yiddish, da uno scrittore ebreo, poco conosciuto in Italia, morto nel 1916, definito negli Stati Uniti, dove emigrò dopo un tormentato girovagare con la sua famiglia per l’Europa, alle soglie del XX secolo, il “Mark Twain” ebraico. E il grazie va a Ettore Bianciardi, che nella sua travolgente presentazione del libro finalmente, per la prima volta tradotto in lingua italiana, ha permesso anche a noi di poter leggere uno straordinario romanzo dove attraverso le vicende di Motl seguiamo il suo peregrinare, assieme alla famiglia, dall’Europa in America, Paese che l’ha accolto come un fratello. Un luogo dove i bambini non possono essere picchiati ma dove però sono costretti ad andare a scuola, il Paese dove nelle cucine l’acqua sgorga dai muri, dove una casa di sei piani è considerata una capanna e dove anche il fatto di essere orfano diventa un vantaggio per i diritti che gli vengono riconosciuti. Attraverso gli occhi e le parole di Motl emerge chiara tutta la sua ribellione verso dogmi e imposizioni. Egli vive la propria personale diaspora dalla casa natale, in giro per l’Europa fino a Londra, e da lì a New York, vivendola come un personale arricchimento di cultura, una nuova sfida e una nuova speranza. 

scritto il 13 novembre 2010

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